18.7.13

Pacific Rim, la recensione e tanto fomento

- Ehi Dan, secondo te per fare un buon film bastano solo Mazinga, Evangelion e Godzilla che si prendono a pizze dall'inizio alla fine ?
- Certo che no, Jon. Per fare un buon film serve una trama intrecciata bene, personaggi profondi ed un finale che fa riflettere
- Ma allora perché mi sento così eccitato manco fossi io quello che ha salvato la Terra ?


O diventi grosso o prendi le mazzate

In questo film mi sono imbattuto per caso. Non faccio molta attenzione ai trailer o alle anteprima perché credo siano fuorvianti e bugiarde. Per capire se un film può interessarmi o meno, guardo prima la locandina e poi leggo la trama. Bene, la locandina è questa qua sopra e la trama inizia con "Il mondo è sotto l'attacco di giganteschi mostri, noti come Kaiju, emersi da un portale interdimensionale sul fondo dell'Oceano Pacifico." 
Ed ecco il primo brivido che risale dal fondo della schiena che presto si trasforma in qualcos'altro. 
Momento Nostalgia Canaglia© andante.
La mia mente corre indietro nel tempo e pensa a ciò che mi ha visto crescere. 
Un televisore, prima in bianco e nero poi a colori, in cui venivano trasmessi da un'emittente che è spirata proprio poco tempo fa e presentati da una presentatrice occhialuta ed eterna sorella di Oscar Wilde, quei cartoni animati che per molto tempo mi hanno fatto compagnia e che hanno alimentato la mia fantasia per anni e anni. 
Mazinga, Jeeg, Daltanious sono solo alcuni dei nomi di cartoni animati che per anni sono stati trasmessi a ripetizione su quell'emittente così defilata ma così importante per tanti bambini che ora si trovano ad avere dai venticinque ai trentacinque anni e che si sono fatti la loro vita (mica tutti, qualcuno gira ancora sul satellitare in cerca di quell'emittente scomparsa).
La storia era semplice, abbastanza sempliciotta, ed uguale per ogni cartone. Arrivano gli alieni, dal fondo del mare o dallo spazio, con tanti robot giganti pronti per conquistare la terra. Lo scienziato pazzo di turno crea un robot altrettanto gigante e potente e ci mette alla guida quel predestinato, quel giovane ragazzo, in cui migliaia di noi si sono più volte immedesimati. 
E se poi qualcuno provava ad obiettare qualcosa tipo "ma se gli alieni hanno tremila robot perché ne mandano uno solo alla volta a farsi trucidare dal protagonista?". Chi muoveva queste obiezioni veniva messo a tacere e fatto sparire. Ho perso tre amici per questo. 
I buoni vincono sempre punto. Niente SE niente MA. Gli alieni sono cattivi e devono prendersi le mazzate.
Così è scritto fin dall'alba dei tempi, così sarà.
Amen.
Recitata la preghiera delle 9 di sera (ultimo cartone ad essere trasmesso, dunque più da grandi) si gustava il robottone di turno prendere a cinquine gli alieni brutti e cattivi e si andava a dormire sollevati (a quell'epoca se non dormivi almeno 10 ore rischiavi di addormentarti durante il dettato e prendere benino) perché la terra era salva. E tu, che ti addormentavi con la voce della conduttrice eterna e occhialuta che cantava una strana canzone inquietante in cui le candele si spegnevano da sole, ti sentivi quasi partecipe di quell'atto eroico. 
Io c'ero, ti dicevi prima di scivolare nel sonno.
E così sono passati venti anni, dei robottoni giganti si sono perse le tracce, sostituiti bene presto da mostriciattoli gialli e neri che gridano pikachu! mentre fanno le loro cose, o rEgazzini disadattati che invece di azzuffarsi come si fa normalmente, si corcano di botte con le trottole.
Poi dici perché uno comincia a drogarsi a tredici anni. 
Ma qualcosa è sopravvissuto a questa invasione di merchandising e denaro che ha fatto dei cartoni solo un modo per vendere le carte collezionabili, l'astuccio, lo zainetto, il cappello o l'orologio che si trasforma. Quel qualcosa è rimasto (e qui scende la lacrimuccia da momento nostalgia canaglia©) ed è sopravvissuto negli adulti che un tempo furono bambini e che ora si riversano a frotte nei cinema a vedere i robot che si prendono a cinquine con i mostri.
Ma adesso parliamo del film. Che è pure ora, dite [...]

Ci sei andato che non c'avevi mica la scimmia sulla spalla, no no, ma direttamente King Kong a cavacecio che ti spronava e ti diceva "Sbrigati che facciamo tardi".
tipo così, ma sulle spalle
Arrivi in sala e ti accorgi che di gente come te, con la scimmia che urla da dietro la testa, ce n'è un mucchio. Quasi più scimmie che persone, neanche fossi piombato sul Pianeta delle scimmie. Sono tutti sull'attenti, sul chi va là ed è pure normale perché c'è tanta aspettativa.
Il film inizia e dopo pochi minuti (all'incirca tre e dodici secondi) parte la prima, spettacolare, sequenza action. Da qui capisci che l'andazzo è proprio quello che ti aspettavi: robot giganti che picchiano mostri spaventosi e mostri spaventosi che picchiano robot giganti. Nel mare in tempesta, peraltro.
E scende la prima lacrima assieme al momento nostalgia.
Ti accorgi che oltre ad essere bello, il robot ti sembra reale.
La prima lacrima è seguita da una seconda.
Una resa grafica incredibile porta il combattimento ed il film a livelli di realismo fantascientifico unici. Lo Jaeger è potente, possente, ma lento nei movimenti come se fosse un vero robot, come un cingolato dalle fattezze antropomorfe. I Kaiju, invece, sono veloci, cattivi ed incredibilmente bastardi dentro. Il combattimento è sempre in bilico sul "adesso lo gonfia" e "marò questo fa male" e fino alla fine non sembra così scontato.
Allora le due lacrime di prima lasciano il posto agli occhi lucidi, che al buio brillano di eccitazione e adrenalina per tutta la durata del combattimento. I pugni dati sono seguiti da hurrà di gioia, quelli ricevuti da grugniti di disapprovazione. Nel cielo notturno volano pezzi di metallo, arti strappati, piloti uccisi.
Il combattimento è reale, crudo, cruento.
Del Toro sa che il punto focale del film non è la storia ma sono i combattimenti, e nella lentezza del combattimento carica tutta la suspance possibile.
Ad ogni pugno, ad ogni colpo, ad ogni mossa, hai qualche secondo per urlare dentro di te "e dagliela 'sta cinquina", qualche secondo per pensare a quale sia la mossa successiva o qualche secondo per dire "e adesso?".
Il film pulsa e palpita come se fosse vivo. Mentre il resto fa da sfondo.
Perché la storia, diciamocelo, conta poco. Un'accozzaglia di topos fantascientifici amalgamati come meglio non si potrebbe, servono solo da quinta a quello che il film vuole raccontare e cioè l'azione. 
E basta.
Nel cast gli attori fanno al meglio quello che devono fare (e cioè quattro battute e poi vai a picconare).
C'è Charlie Hunnam, quello di Sons of Anarchy, che lo lasci in sella ad una 883 Harley Davisdon e te lo ritrovi in sella ad un mostro alto novanta metri. L'andatura da coatto di periferia c'è, la scena in cui fa vedere gli addominali pure, la scazzottata ce l'ho, e quindi lui il suo lavoro l'ha fatto.
C'è il colonnello nero che non dice mai una parola fuori posto, che perde sangue dal naso e stoicamente lo nasconde e che non si vuole far toccare da nessuno perché è così e basta.
C'è la bella asiatica che fa da copilota, che fa la spiona e che mena come Mike Tyson.
Ci sono i due scienziati scemi che fanno ridere e che trovano una soluzione che avrebbe trovato pure un bambino di quarta elementare.
C'è Ron Pearlman che fa la parte di uno con la dentiera d'oro e basta.
Ci sta pure uno che somiglia a Gilardino, che fa lo stronzo ma prende una bella ripassata e che guida un robot.
Ah si, e ci stanno pure i cinesi. Tanti cinesi.
Insomma, gli stereotipi  cinematografici ci stanno tutti.
Per quello che riguarda il comparto tecnico, io il film l'ho visto in 3D IMAX. 
E no, non ho perso l'uso della vista.
Anzi, il 3D coadiuvato dalla tecnologia IMAX porta l'esperienza ad un livello successivo che va assolutamente provato. Effetti di luce, effetti corpuscolari e particellari ti portano dentro la scazzottata. E ve lo dice uno che il 3D lo vorrebbe cancellare dai libri di storia.
Certo, c'è sempre quel piccolo problemino che a fine proiezione a qualcuno sanguinano gli occhi, ma si sta rimediando anche a questo. Quelli che si lamentano fanno la fine di chi provava ad obiettare delle tattiche militari di conquista degli alieni. Quindi, state in guardia.

Dunque, in conclusione e alla fine della fiera.  
Questo poteva essere un film per tanti ma anche fra tanti. Quello che Del Toro gli ha donato è stata un'anima, un'essenza filmica che spesso nei grandi blockbuster manca. C'è quel tipo di personalità che quando lo guardi hai voglia già di rivederlo. E per molti, cresciuti ad alieni e robottoni, c'è tanta nostalgia. E l'omaggio infinito ad un movimento culturale che a piazzato una decina di punti fermi nell'immaginario collettivo odierno. Basti pensare che chiunque conosce Godzilla, ma non in molti sanno realmente chi sia e da chi sia stato creato. Del Toro ha ripreso tutto questo e l'ha elevato esponenzialmente, portandolo ad un livello successivo. 
Leggendo su internet mi sono imbattuto in qualche discussione in cui si accusa Del Toro di plagio più che di omaggio alla fantascienza. Lo si accusa di aver tradito l'ideale della fantascienza degli anni '50 e di aver scopiazzato qui e là. 
Beh, a voi che dite questo, vi possa rapire un Kaiju adesso stante e che non ci sia una Jaeger a salvarvi. 

Il mio personale Oscar non può non andare agli Jaegers.
Vederli così potenti ma allo stesso tempo fragili, vederne così tanti tutti assieme, ma soprattutto sentirli così reali, a ventisette anni non era cosa facile.
In fondo al post ho creato una gallery per omaggiarli tutti.
Fatevi sotto e mangiateveli con gli occhi.

Per quello che riguarda il giudizio del film, la valutazione da una a cinque tazzine d'oro che do a Pacific Rim è cinque su cinque.
Perché?
Perché Pacific Rim è straordinariamente EPICO, indissolubilmente ACTION, favolosamente NOSTALGICO, e ancora, ancora di più.
E la storia? E la trama ? E i personaggi credibili?
Ma chissenefregaproprio.
Quello che volevo, Del Toro me lo ha dato. E non parlo di robot giganti, di Godzilla o di fantascienza spicciola.
Parlo di quel pezzo d'infanzia che fai presto a dimenticare e che ogni tanto fa bene ricordare, anche se per poco.
E se scende la lacrimuccia, tanto meglio.
Passiamo così tanto tempo a cercare di fare gli adulti che spesso ci dimentichiamo che tutti noi un tempo siamo stati bambini.







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