28.6.13

Man of Steel, la recensione

Guarda lassù Jon, è un aereo? Un uccello?
Smettila Dan, tu pensi sempre agli uccelli...


Che sia stato un film controverso, questo, è poco ma sicuro. Nella fitta giungla di commenti e recensioni, questo nuovo film sull'uomo che più volte nella storia è stato scambiato per un uccello ha fatto parlare parecchio.
Ci sono tre scuole distinte e separate di pensiero : chi lo ha odiato, apostrofandolo come insulso (la recensione martirizzante del RRobe QUI), chi lo ha amato per alcuni versi e per altri avrebbe volentieri preso a cinquine in faccia lo sceneggiatore, S. Goyer, (la recensione del Doc. Manhattan, QUI) e chi, come me, si è goduto le due ore di film, ha lasciato a tacere la coscienza artistica e di continuità narrativa, ed è uscito dal cinema discretamente infervorato.
Ma partiamo dal principio.[...]

Rendere su schermo un personaggio vecchio di settant'anni, creato un po' per caso e indirizzato ad un pubblico pressoché di bambini (la concezione di comics nascerà molto più tardi del 1938) non è cosa da poco. Gli agenti che giocano contro sono la storia che è più simile a quella di una favoletta di Anderson piuttosto che all'epica moderna, e un personaggio senza troppe macchie e con uno spessore psicologico di una matita stemperata.
Non che non ami Superman, sia chiaro, ma bisogna vedere la storia che si costruisce intorno ad un personaggio invincibile, indistruttibile, moralmente seguace di Gesù e che neanche può morire.
E poi ti chiedi il perché, in settant'anni di fumetti, non hanno trovato di meglio che un tizio pelato a fargli da antagonista.
Ma vabbè.

Quello che Snyder porta sullo schermo (lo stesso regista che buttava i persiani giù da un pozzo facendo urlare frasi da omaccioni nerboruti) è un Superman che ho amato. Fragile psicologicamente, combattuto moralmente, Clark Kent è a metà figlio della Terra e a metà figlio di Kripton non riuscendosi a sentire pienamente nessuno dei due (un po' come Osvaldo convocato da Prandelli in nazionale).
Bellissima la prima parte del film, in cui un Clark pieno di dubbi e rimorsi fa quello che si sente di fare seguendo la propria moralità (forte la parabola cristiana, ahimè, all'interno del film) inculcata da genitori che ha scoperto ben presto essere adottivi.
L'epicità di questo Superman, anche se ha ricevuto pesanti critiche, per me è notevole. Attraverso una sequenza lunga di flashback, Snyder ci mostra il nucleo del processo di trasformazione dell'eroe, da uomo quasi qualunque a supereroe mantellato e svolazzante che prende cinquine a desta e sinistra solo perché è un boy scout amico di Gesù troppo cresciuto e vuole difendere a tutti i costi la natura.
Può piacere o non piacere, sia chiaro, ma da un personaggio come Superman una profondità psicologica come questa era inaspettata.
Quello che non mi è piaciuto, invece, è una narrazione un po' troppo lineare e dei dialoghi non proprio brillanti. Vabbé che io il film l'ho visto in francese e quindi tutto tutto proprio non ho capito, ma di certo non mi sono trovato davanti un nuovo Shakespeare hollywodiano.
Qualche situazione un po' tirata e un po' scema non ha di certo aiutato (Kevin Kostner alle prese con Twister-Cacciatori di tornado o le tredici comparse impegnate a interpretare i militari USA scemi) e qualche scelta narrativa un po' fuori luogo (ricordatevi di questa frase quando vedrete la pomiciata), secondo me non fanno di Man of Steel un brutto film.
Anzi.
E' un film a tratti un po' facilone, con delle scelte narrative ricalcate da altre parti (Snyder è un maestro nell'uso della carta carbone quando si tratta di copiare), ma nel complesso è un buon film. Il personaggio di Superman, fragile ma epico allo stesso tempo, è figlio di una riflessione fatta alla base del rilancio del personaggio e ciò mi è piaciuto moltissimo. Certo, Batman è di un'altra pasta e quindi più facile mostrarlo nelle sue debolezze (ragazzi, uno che va in giro vestito da pipistrello gigante e ha un cappuccio con le corna non ce ne ha pochi di problemi).
Superman è super e basta, uno che non può essere ucciso, ferito o menomato parte già da una posizione elitaria rispetto ad altri protagonisti letterari, prede dei propri dubbi prima che del proprio destino.
Superman è difficile da caratterizzare e da rendere verosimile perché rischia di diventare il fantoccio sempre-in-piedi di sé stesso "picchiatemi, tanto non fa male!". In più, creato cucendogli addosso la morale cristiana, lo rende estremamente piatto e scontato. Parliamo di uno che può vederti a cinquemila kilometri di distanza se butti una carta per terra, cioè.

Quindi.
A me questo film mi è piaciuto non poco. Ho apprezzato questo "nuovo" Superman così preda delle proprie ansie e paure. Snyder fa un bel gol in rovesciata sotto il sette rilanciando così un Superman che cominciava ad avere troppi anni per rimanere troppo uguale a sé stesso. Certo, poco prima S. Goyer si era fatto un bell'autogol nella propria porta con una sceneggiatura zoppicante e malandata, ma con questa bella trovata di Snyder i conti si pareggiano e si riparte da zero.
Come si dice a Roma, zero a zero palla al centro.
Adesso sta a chi lo va a vedere il film, un giudizio quanto più oggettivo possibile.
Se siete fanboy o nerd assatanati di precisionismo asettico, mi sa che questo Superman non vi farà impazzire. Se siete persone equilibrate e in cerca di un bel film, non avrete di che lamentarvi.
Ma, del resto, se siete nerd o fanboy accaniti di Superman non vi meritate altro che amarezza.
Tiè.



Il mio personale Oscar, questa volta, va a Henry Cavill.
Nella parte di Superman ce l'ho visto molto bene sia figurativamente che artisticamente parlando.
E poi, cavolo, con quel fisico lì disegnato da Jim Lee in persona, può mettere paura pure a Darkseid senza aprire bocca.

Valutazione del film (cinque tazzine massimo) : quattro tazzine d'oro piene piene

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