Cadono i diritti d'autore e sorgono le opportunità. Quelle limpide opportunità che ti permettono di risparmiare sul brand e di investire in computer graphic.
In due parole, signore e signori, Il grande e potente Oz.
Film dagli effetti sbalorditivi e marchiato zio Mickey (Mouse, purtroppo).
Ma procediamo con ordine.
Il film nel complesso non è malaccio, anzi.
Immaginatelo come una fiaba raccontata in computer grafica avanzata. Prima, queste cose si facevano al letto(raccontare la fiabe, intendo) adesso si fa prima a farci un film con tanti begli effetti speciali.
I bambini non leggono più di tanto, i grandi non hanno molto tempo e la più fervida immaginazione si impigrisce se è consapevole che in giro ci sono film del genere.
Perché, diciamocelo, il film, visivamente parlando, è davvero spettacolare.
Si apre benissimo con una lunga sequenza in 4:3 in bianco e nero; e, solo dopo un bel po', dal 4:3 di partenza si passa ad un 16:9 coloratissimo e vivace. Veramente una bella trovata Sam, complimenti. Perché Sam (Raimi), quello di Spiderman e L'armata delle tenebre, è il regista. Nel complesso, la regia è più che buona. Buoni tagli d'immagine, buone inquadrature, ottimi close-up al momento giusto (le unghie smaltate delle mani congiunte delle streghe).
Il tutto viene aiutato da scenari ed effetti luce mai visti prima sul grande schermo. In tempo di crisi Mr. Disney ha voluto investire denaro e l'ha saputo fare bene.
Per quello che riguarda la storia, qui ci addentriamo in un passaggio pericoloso.
Prequel del libro Il mago di Oz e del suo relativo film, la durata della pellicola è quanto mai giusta: 127 minuti sono l'esatto metro per un film che oscilla tra il "vediamo che si inventa adesso" e "sbrigatevi, tanto so come finisce".
Un onesto James Franco(si, quello che pare James Dean, bravi) regge da solo un personaggio che avrebbero (gli sceneggiatori) potuto calcare meglio. Oz è bugiardo, egoista, pauroso e scaltro. E' tutto questo in proporzioni troppo giuste, così giuste che non abbiamo né lo slancio per odiarlo né quello per idolatrarlo. Fa ridere il modo in cui si districa nei guai in cui si è cacciato per brama, ma sembra più un sopravvissuto della sorte che un bastardo divertente.
Accanto a lui, un cast DOC a base di ferormoni (DOC pure quelli).
Michelle Williams (quella di Dawson's Creek e Shutter Island), Rachel Weisz (Il nemico alle porte) e Mila Kunis (Ted), un trittico che da solo basterebbe a far ricredere il Papa una volta per tutte. Poco scientifica la loro interpretazione ma molto utile per attrarre visitatori adulti in sala (che ci volete fare, sapete come va il mondo).
I dialoghi, soprattutto nella parte centrale, sono un po' carenti e la sceneggiatura, nel complesso, è abbastanza sempliciotta (stavo per dire rurale ma mi sono fermato in tempo).
Dunque, tirando le somme non posso dire che sia un film propriamente cattivo. Riflettendo, ti accorgi che il target a cui si riferisce è molto ampio e va a toccare tutte le età. Più il target è ampio, più il gioco si fa difficile.
I dialoghi e la trama non brillano di luce propria, diciamolo, ma gli va dato il merito di una forte solidità data alla base da una buonissima regia.
E' vero che il film non lo fanno gli effetti speciali, ma qui vale la pena di andarlo a vedere per ammirare la genialità e l'estro di chi ha realizzato le scenografie.
Se avete due ore da passare in spensieratezza senza troppe pretese, o con al seguito un ciurma festante di pargoli che vi minacciano di morte se non li portate al cinema, andateci senza troppi problemi (e accendete un mutuo nel secondo caso).
Se invece avete voglia di un film impegnato e più vissuto, lasciate perdere e tenetevi gli 8 euro del biglietto.
Voglio concludere questa mia recensione assegnando un mio personale oscar a ciò che mi è piaciuto di più in tutta la pellicola.
Ebbene, l'oscar va a Finley, la scimmietta volante, vestita da facchino, aiutante di Oz.
Non fate quelle facce, avete capito bene.
Una scimmietta che parla, vola e che indossa un cappellino a tubo, non mi faceva sganasciare così fin dai tempi del Gatto con gli stivali di Shrek.
Provare per credere.
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