29.9.13

Rush, la recensione senza spoilerozzi a 300 km/h

Diciamo che te e la F1 siete una cosa tutto in famiglia, come il telefilm ma senza il signor Kyle. Tu, pure se eri così piccolo che tanti ricordi te li sei persi metà nella fase della seconda infanzia e metà nel pannolino, fin da quando camminavi a quattro zampe eri abituato a sentir parlare di gente come Mansell, Prost, Villeneuve (quello leggendario), Berger, Lauda e Senna. Eri lì appena ottenario davanti allo schermo, quel pomeriggio del '94, quando vedesti quella ruota schizzata a più di duecento chilometri orari uccidere il più grande campionissimo su cui i tuoi occhi mai si poseranno di nuovo. E da bravo ottenario quale eri, domandavi con una cadenza di tredici volte al minuto a Lui, il tuo unico maestro: "Papà è vero che non si è fatto niente?".
E  con infinita pazienza Lui, il tuo maestro, tuo padre, uno che di gran premi in trasferta a Monza e Imola se ne era fatti insieme ai tuoi zii almeno settordici milioni, era lì e per la prima volta da quando eri nato, invece di dare un perché alla tua infinita sete di conoscenza e alla buona dose di scassamento gratuito di marroni quotidiano, quel giorno lì non sapeva cosa risponderti.
Questa era la F1 come te la ricordavi, l'evento della domenica tuo e di papà a cui non si poteva mancare mai. Come la tombola a Natale, con la nonna che faceva cinquina ma che dormiva e non la chiamava mai, insomma. Guidavi le macchinette al luna park e quando superavi qualcuno gridavi "Mangia la polvere di Niki Lauda" facendo un elegante gesto dell'ombrello infantile. Infantile ma pur sempre efficace. Con mamma che ti sgridava e papà che ti guardava compiaciuto. Tutto questo per dire che tu, a pane e F1 non solo ci sei cresciuto ma che la filosofia del Gran Premio era uno stile di vita.
Ma gli anni passano per tutti, e come hai visto tuo padre piano piano imbiancarsi (anche se non di molto) e a te è cominciata a comparire la barba (anche se non di molto), anche la F1 è cambiata poco a poco. Sempre più spesso elettronica e regolamenti serrati hanno diminuito sorpassi spettacolari e incidenti memorabili, e hanno aumentato il numero di penalità e le pennichelle dal tredicesimo giro al quarantasettesimo giro (che prima c'è la partenza e dopo c'è l'arrivo, dice il maestro, papà).
E' vero che te un Gran Premio di Lauda non lo hai mai visto, ma lo hai "sentito" correre tutte le volte che tuo padre ti raccontava di lui a Imola, a Monza, e di tutte le volte che aveva tifato contro o a favore.
tu, Niki Lauda te lo ricordi così: senza una recchia, mentre perculizza Schumacher

Tu, che un film così non te lo aspettavi proprio, quando ne hai visto l'annuncio qualche mese fa a momenti non ti ribaltavi dalla poltrona.
Adesso che lo hai visto, allora?
Seguitemi, vi faccio fare un giro al Nürburgring...[...]

Per cominciare, una recensione che si rispetti  deve sempre fare una distinzione tra l'aspettativa di chi la scrive ed il film vero e proprio. Perché un film che si desidera tanto non sempre è un buon film.
Allora, come è Rush?
Cercando di essere il più oggettivi possibili, Rush è un film unico, da vedere almeno una volta a settimana, festività incluse.
Cosa ha bisogno un film per piacere?
Deve saper ispirare, emozionare e,soprattutto, intrattenere. Tralasciando la parte tecnica e registica, Rush ci riesce in modo superbo.
Il film mette davanti due personaggi opposti e complementari, un po'come se metti davanti il pane alla Nutella. James Hunt, interpretato da Thor Chris Hemsworth, pilota impulsivo, affascinante, strafottente ma questa volta senza martello, e Niki Lauda, interpretato da Daniel Bruhl, pilota freddo, determinato, schivo e truccato per l'occasione con la dentiera da topo.
Lauda e Hunt in una foto d'epoca. Tra un GP e l'altro, i due divennero amici veramente

Il luogo del loro duello è la stagione automobilistica del '76, quella famosa in cui Lauda decise di diventare il cugino improvvisato della Torcia Umana. Tempi, quelli, non facili per i piloti, per i quali le aspettative di vita erano meno lunghe di chi partiva per il Vietnam.
Il film inizia con la partenza al circuito di Nurbrurbring e va a ritroso con un enorme flashback. Flashback che ci presenta i tue piloti da rEgazzini che già si davano dello stronzo ogni cinque minuti, e vari gregari.
Personaggi comprimari reclutati tra i personaggi delle serie tv americane (che volete oh, il budget era tutto per Thor Chris Hemsworth). Gregari, però, di un certo livello.
Come Natalie Dormer, che ci mette addirittura 6 minuti di film per spogliarsi completamente nuda
e Olivia Wilde, che non si spoglia mai, ma ci mette lo stesso 6 minuti da quando entra in scena per far svenire qualche uomo presente in sala,
e l'oramai onnipresente rEgazzino Pierfrancesco Favino, nei panni del pilota italo-americhegno Clay REgazzoni (si chiama così, che vuoi). Che se non stai attento, a Favino te lo ritrovi fra un po' pure a presentare Pomeriggio 5.

Per essere un film drammatico-sportivo in cui la suspance del finale è uccisa da qualunque mezzo di comunicazione da quarant'anni a questa parte (pure la nonnina del terzo piano sa cosa successe a Lauda), il film fino alla fine tiene attaccati gli occhi allo schermo. E no, non lo fa grazie alla mezza tetta di Tully o di tutte le donne che Thor James Hunt si ravana allegramente anche a gruppi di due, ma ci riesce grazie alla storia sapientemente divisa tra i due protagonisti e al loro modo diametralmente opposto di vivere la vita e di godersela (vale per Thor Hunt perché Lauda da giovane era comunque vecchio dentro).
Registicamente perfetto, come tutti i film di Ron Howard del resto, Rush è una pellicola montata utilizzando filtri e tecniche di ripresa degli anni '70 tali da creare un'atmosfera ed un mondo scenico unico. Chiunque entri in sala quando ne esce ha l'impressione che gli siano cresciuti i baffoni di Favino e si sente pronto per una serata Disco Inferno.
Quasi pornografico, invece, l'utilizzo della colonna sonora coadiuvato agli effetti sonori del rombo dei motori. Ci sono scene in cui, con la telecamera bordo tracciato, sembra quasi che le vetture ti passino a quattro millimetri dall'orecchio. Quasi quasi che ti sporgi dalla poltrona e mandi a quel paese il vicino di sedia facendogli un elegante gesto dell'ombrello.

Insomma, via alle conclusioni.
Rush è un film unico nel suo genere. Dramma sportivo e personale, miscela la vita romanzata di sportivi veramente esistiti a scene di agonismo puro e sfrenato. In sala si grida, ci si tiene attaccati ai braccioli e ci si commuove pure, tra una partenza ed un'altra, tra un vattelapesca e l'altro tra Lauda e Hunt.
Da vedere?
Sì, e pure di corsa (ah-ah ha fatto la battuta). Ed è come la pubblicità della Muller: se non vai al cinema e ti spari i motori a 150 decibel, godi solo a metà.

Valutazione (cinque tazzine d'oro massimo): cinque tazzine d'oro, come i secondi che ognuno di voi deve impiegare per uscire di casa e andare a vedere di corsa questo film al cinema se ancora non l'ha fatto.

Questa volta l'Oscar di Oz va alla mitica Tyrrel P94. Una macchina che se non sapevi che esisteva ci metti cinque minuti a credere che sia mai esistita. La particolarità? Tiè, beccateve 'ste foto d'epoca del pilota britannico Shekter...



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